Perché non possiamo fare a meno del corpo in terapia.
“Il corpo è il veicolo primario del nostro essere nel mondo. E attraverso esso che percepiamo lo spazio nel quale ci muoviamo e che si dispiega davanti a noi un campo di azioni possibili” (Heidegger)
L’embodied cognition è una disciplina di integrazione che coinvolge psicologia, neuroscienze, filosofia e scienze cognitive. Questa disciplina cerca di dare risposte a domande complesse e difficili su cui da sempre l’uomo si interroga.
Cos’è la mente?
L’embodied cognition definisce la mente come un flusso di esperienza che emerge dall’incontro del corpo con l’ambiente in cui si trova ad agire, dall’intreccio tra cervello, corpo e ambiente.
Può la mente esistere indipendentemente dal corpo?
No, la cognizione non è solo un processo mentale ma è anche fisico e sensoriale. Le esperienze corporee che facciamo sono fondamentali per la comprensione e l’elaborazione delle informazioni. Anche le nostre emozioni sono vissute ed espresse attraverso il corpo. Non c’è praticamente nulla della nostra esistenza che non passi dal corpo.
Il termine embodiment (letteralmente “incarnazione”) è stato scelto proprio perché definisce questo processo di interazione dinamica ed in continuo divenire tra le nostre rappresentazioni corporee e l’ambiente in cui siamo chiamati ad agire.
Per sottolineare le complesse e imprescindibili connessioni tra il corpo e la mente, lo psicoanalista inglese D. Winnicott utilizzava la parola “indwelling”. Indica, per Winnicott, “l’insediamento delle mente nel corpo”, processo che accompagna la vita intrauterina e tutti i primi anni della nostra storia. Mente, cervello, corpo sono quindi un unico sistema, varie componenti di cui è fatto il nostro essere umani.
“Se è certo che la storia personale influenza il corpo è anche vero il contrario, è cioè che la struttura corporea sta alla base della struttura di personalità. Se siamo fatti in un certo modo, è anche perché il nostro corpo ha assunto una forma che gli permette più facilmente di accedere ad alcuni domini di esperienza emotiva a non altri” (F. della Gatta, G. Salerno)
Secondo l’embodied cognition ogni forma di psicopatologia affonda le proprie radici in una alterazione del sé corporeo e dell’embodiment. Proprio perché non può esistere una mente separata dal corpo non può esistere una psicoterapia che non tenga conto del corpo, della soggettività incarnata dell’individuo.
G. Downing propone di integrare la psicologia fatta di parole sulle idee con un agire terapeutico orientato alla soggettività incarnata.
Tra gli interventi terapeutici che G. Down propone ci sono:
Gli interventi top down che agiscono su un livello superiore del linguaggio razionale. Quelli che lui definisce “interventi esperienziali” consistono in interventi verbali del terapeuta che stimolano il paziente ad esplorare l’esperienza corporea in atto spostando l’attenzione dalle parole al corpo.
Gli interventi bottom up, invece, partono direttamente da un lavoro sul corpo. Le tecniche di respirazione, di grounding, il contatto corporeo. La contrazione e decontrazione muscolare, manipolazioni o pressioni del corpo. Interventi fisici che hanno lo scopo di mettere il paziente in contatto con schemi motori ed affettivi poco familiari.
Nella storia della psicologia fin dall’origine della psicoanalisi, più approcci hanno sostenuto e dato forza all’integrazione della lettura del corpo, del contatto fisico, del lavoro sul radicamento e gli schemi corporei.
G. Groddeck allievo di Freud usava psicoterapia e massaggio insieme. S. Ferenczi usava le libere associazioni gestuali e i simboli corporei che emergevano in terapia per esplorare i processi fisici. W. Reich ha messo il corpo al centro del lavoro psicoanalitico e ha ispirato il lavoro di A. Lowen sull’importanza del grounding e di F. Pearls sulla consapevolezza.
Nel mondo contemporaneo non mancano prove dell’efficacia di questi strumenti e nuove intuizioni come quelle di F. Shapiro, autrice del metodo EMDR, e di S. Porges che con la sua teoria polivagale ha sdoganato l’uso delle tecniche corporee nel lavoro clinico e nella gestione del trauma.
Da quanto esposto la domanda appare retorica… La psicoterapia può fare a meno del corpo? NO!
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